Abitare nei loft è ormai alla moda anche in Svizzera. Chi non sogna un ambiente grande e luminoso, con pareti in mattoni antichi e tanto spazio a disposizione? I loft non si trovano solo a New York e a Berlino ma anche qui da noi. E non solo nelle grandi città come Zurigo, Basilea, Berna o Ginevra ma anche in periferia.
In effetti, vivere in edifici di fabbriche convertiti è più popolare che mai. Ma da dove viene questa tendenza?
Prima di diventare l’abitazione per eccellenza dei manager rampanti alla fine del secolo scorso, e prima ancora di venire alla ribalta come tipologia di residenza, il loft era semplicemente un ampio deposito o una sala macchine all’interno di un impianto produttivo: a partire dagli anni ’70, negli Stati Uniti e a seguire in molti altri Paesi del mondo, gli spazi di fabbriche dismesse, i locali commerciali sfitti e i capannoni che avevano contenuto merci di vario genere iniziarono a essere utilizzati come case.
Niente a che vedere con gli appartamenti “comuni” o le villette circondate da giardini.
Il loft, che continuò a evolversi nei decenni successivi, si adattava al modo di vivere di chi, soprattutto nelle metropoli e nelle città medio-grandi, si trasferiva nei pressi del centro per avvicinarsi al luogo di lavoro; persone in carriera, di solito libere da vincoli familiari e con una vita sociale intensa anche fuori dall’orario di ufficio.
Un consistente sottogruppo di abitanti-tipo degli alloggi ricavati a partire da ex edifici produttivi è sempre stato costituito dagli artisti, attratti dalla possibilità di ricavare i propri atelier nella disposizione libera del loft.
Accanto a pittori, scultori e fotografi, che si muovevano nel solco della tradizione delle soffitte occupate dai bohémien parigini ottocenteschi, nel tempo hanno aderito alla filosofia dello spazio di matrice industriale anche musicisti, attori, cineasti.
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